MURALLA DI ELENA NONNIS



 

 

                                                             MURALLA dell'artista ELENA NONNIS

 

Carissimi lettori voglio segnalarvi la presenza vitale e creativa dell'opera MURALLA dell'Artista ELENA NONNIS esposta a Roma nella CHIESA SCONSACRATA DI SANTA RITA in VIA MONTANARA adiacente Piazza Campitelli e la Chiesa di S.Nicola in Carcere dal 18 OTTOBRE ALL'8 NOVEMBRE 2013 ,  progetto finanziato da ROMA CAPITALE.

 

Adesso , tramite una interessante intervista , scopriamo con le parole di Elena questa meravigliosa opera

 

  1. Il lavoro nasce dall'incisione ai tempi dell'Accademia di Belle Arti. Ho proseguito lo studio essenzialmente sul segno, finchè, verso la fine degli anni 90, il segno ha trovato la sua espressione nel filo nero.

  2. Muralla è un'opera side specific per la Sala Santa Rita. Questo spazio, una chiesa sconsacrata del seicento, andava capito, interpretato e rispettato in tutti i suoi aspetti. E non è uno spazio semplice. Ma sono partita dalla base. Una chiesa è essenzialmente un luogo di preghiera e le preghiere sono desideri, richieste, speranze che segnano le esistenze. Ho pensato alla richiesta delle grazie e agli ex voto che ne conseguono una volta ottenute. Le immagine votive mi hanno sempre colpita perché sono segnate dal dolore, e allora ho pensato anche a quante preghiere venivano disattese, a quante grazie negate. Così, inizialmente, ho pensato di fare un lavoro sulla grazia negata, uno spazio dedicato a quelli che non ce la fanno, che restano fuori. Muralla nasce dunque da un sentimento di negazione. Il titolo è sardo, non è la prima volta che utilizzo un titolo in sardo per il mio lavoro. Probabilmente è un moto di appartenenza , un modo di rivendicare le mie origini e per aggrapparmi alle mie radici quando mi serve più forza per dire le cose.

La prima installazione è una barriera di fili neri che si impone all'ingresso della sala, quasi ad impedirne l'accesso. Ogni elemento che compone il lavoro è realizzato con cordoncino annodato in più punti e avvolto intorno a fil di ferro di diverso spessore. Viene fuori una specie di creatura silenziosa, aggrovigliata in una miriade di "gemme da lutto " che compongono una specie di siepe lunga sei metri e alta più di un metro e mezzo. Questo è il primo muro, un muro che separa, un ostacolo.

La seconda installazione consiste in una serie di circa 120 tele di lino di diversa grandezza sulle quali sono cucite con il filo nero immagini tratte da foto di famiglia. Ho iniziato dalla mia, poi, pensando alle grazie negate, ho inserito immagini di persone protagoniste di eventi dolorosi, poi si sono unite persone care, poi via via ho ospitato persone il cui incontro è stato significativo, o semplicemente occasionale ecc. Le immagini sono disegnate e cucite nel retro della tela e poi mostrate al rovescio. Il segno che ne viene fuori è meno nitido, fatto di mancanze, è un segno da ricostruire e i volti sono sempre vuoti, Ex volti. Volti che non sono più delle persone raffigurate, sono solo tracce fugaci e indistinte di presenze. Le tele sono montate una accanto all'altra, ogni elemento, incastrandosi con gli altri, va a formare un altro muro. Ma non è più un muro di negazione, questa Muralla è accogliente, ospita tracce di esistenze che si ritrovano a convivere in un unico spazio e anche un unico momento, aldilà del tempo cronologico delle varie figure. Il muro diventa davvero un luogo di ritrovo che " ospita la complessità delle relazioni umane", com' è scritto nel testo di Daniela De Dominicis, curatrice della mostra.

 

  1. Per la terza domanda non ho risposte. Ho quarantotto anni e gestisco la mia vita e il mio lavoro senza interferenze da parte della mia famiglia di origine. Questo da sempre. Penso che per loro l'arte sia una cosa come un'altra e credo che questo atteggiamento dia all'arte una certa dignità.

  2. I miei lavori hanno tempi lunghissimi, la prima installazione con i fili neri intrecciati direi che è quasi fatta di tempo, ho impiegato circa quattro anni per ottenere tutti gli elementi ( che monto ogni volta in modo diverso, in base allo spazio che mi viene proposto). La muralla delle tele è stata realizzata in sette mesi, lavorandoci quotidianamente. Per me è fondamentale la manualità nel lavoro, è un modo per ritrovarsi. Ogni cosa richiede tempo e nel tempo le cose si modificano e si costruiscono e diventano creature.

  3. Non lo definirei un progetto ambizioso. E' un progetto. Ogni lavoro credo debba essere esteso al massimo delle sue potenzialità per essere risolto. Ma non sono cose che possono stabilirsi a priori, il lavoro va ascoltato e seguito.

  4. E' vero, ho notato che alcune persone non riescono ad oltrepassare la prima installazione. Questo può dipendere da molte cose. Alcuni non hanno molta dimestichezza con l'arte contemporanea e si lasciano intimorire, altri probabilmente non sono abbastanza incuriositi o semplicemente interessati per andare oltre. Andare oltre è sempre impegnativo, ci vuole passione e motivazione. Il muro inoltre, è anche simbolicamente il muro delle paure, il buio oltre la siepe, e cosa c'è che ci ferma e ci blocca più delle paure? Peccato, perché spesso oltre la paura c'è la bellezza. E' come una nascita.

  5. Assolutamente valido, io sono anche insegnante delle scuole superiori e credo profondamente nella crescita attraverso la conoscenza. A tutte le età.

  6. Il mio lavoro non nasce con l'intenzione di comunicare qualcosa, il lavoro nasce dal bisogno di dare una forma alle emozioni, una forma in cui io possa riconoscerle, diluirle, contenerle e finalmente dargli un senso. Ora io credo che le emozioni e le inquietudini siano un aspetto fondamentale dell'esistenza, di tutte le esistenze. Quindi, lavorando su un materiale comune a tutti l'arte diviene condivisibile, perché altre persone riconoscono le loro emozioni nelle forme che tu hai trovato. In qualche modo le hai trovate anche per loro, allora il lavoro funziona, allora diventa bello.

  7. La domanda su Dio è troppo. Diciamo che l'arte è sacra e credo nel suo valore spirituale.

  8. No, non credo che si possa abbattere il muro dell'egoismo, ho tutta la storia pronta a testimoniarlo, diciamo che l'arte è una consolazione.

  9. Per il futuro non so che dire, in fondo il lavoro è un progetto unico. Continuare.

 

Allora troviamo un pensiero, uno di stamattina: L'arte ci aiuta a trovare armonia nelle dissonanze.

 

Direi che è tutto.

Un caro saluto

Elena Nonnis

 

 

 

                                                                                            GIANLUIGI  MELUCCI

 

 



Commenti

  1. caro Gianluca ma se non inserisci le domande che intervista è??? è forse un'operazione dadaista?
    fortunatamente l'artista è autossufficiente e il testo scorre che è una meraviglia!
    Iginio De Luca

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