INTERVISTA SCRITTA AL POETA MAURO MACARIO SU FABRIZIO DE ANDRE' (14/05/2018)

1) Carissimo Mauro quali sono state le ragioni che ti hanno spinto a scrivere il poema "LA STAGIONE DEI DERELITTI" ?

  • La ragione primaria non è così avvincente e poetica come pensi tu, ma il contrario. E’ una ragione pratica. Poiché l’editore Campanotto aveva accettato, su mia richiesta, di radunare i miei primi tre libri in un solo volume, di rimando mi chiese di scrivere una piccola raccolta ex novo, per poter inserire anche degli inediti e non fungere solo da editore che ripubblicava cose già edite. Fu quella l’occasione per me di dedicare la raccolta al caro e rimpianto Fabrizio. In precedenza avevo già tributato amore e devozione per il mio Maestro Léo Ferré sia con poesie sia con piccoli saggi. Farlo per Fabrizio al quale tanta gratitudine generazionale e affettività relazionale mi legavano, mi pareva non più rinviabile. Nella vita, secondo me, bisogna fare le cose subito. La vita non aspetta mica i tuoi comodi. Poi la figura di Fabrizio combaciava con quei significati reali e simbolici che segnavano il passaggio al nuovo millennio, proprio quando sentivo con profondo smarrimento la perdita dei valori umanistici e l’ingresso di un’altra era, disumanante e irreversibile. Fabrizio rappresentava( e rappresenta) i valori etici di una generazione perduta (più che perdente), e un’ intero patrimonio onirico in cui ci si identificava tra collera e speranza. Una volta Fernanda Pivano, con sguardo malinconico, parlando di Cesare Pavese (lei era una sua giovane allieva), mi disse “ Il mio Maestro, l’ultimo, grande umanista”. Vuol dire tutto questo che ad ogni svolta generazionale c’è un umanista che sopravvive e altri che finiscono nell’anonimato. Ma il superstite può trascinare le altre personalità e traghettarle nel futuro, salvando così il messaggio di fondo.

2) Ha mai conosciuto oppure incontrato Fabrizio De Andrè ?

  • Nel 1967 lavoravo con mio padre in teatro. Durante un trasferimento in macchina, sentii, attraverso la radio, che Luigi Tenco s’era sparato. Amavo molto i cantautori, soprattutto i genovesi. Ne fui colpito. Quando arrivammo a Torino, andammo a pranzo al ristorante Rodi in via Rodi. Dopo poco dovetti uscire, recarmi al vicino giardino, e piangere a dirotto, liberamente. Quindi telefonai a Fabrizio chiedendogli d’incontrarlo perché dopo Tenco l’altro poeta in musica per me era lui. Fabrizio capì che ero io a cercare del conforto, o un’anima che in qualche modo a Tenco facesse da staffetta, un passaggio del testimone, in senso esistenziale e contenutistico. A quel tempo aveva 27 anni e io 20. Arrivai in Corso Italia, dove allora abitava. Fui accolto con benevolenza diversamente dalle voci che dicevano che era un orso. Non parlò direttamente di Tenco (Fabrizio era un uomo pudico, discreto, riservato) ma in salotto, seduto sul divano, imbracciata la chitarra mi cantò PREGHIERA IN GENNAIO, la canzone dedicata all’amico Tenco che non era stata ancora incisa! Poi mi confessò di avere un tale terrore emotivo del pubblico che non avrebbe mai cantato davanti alle folle. “ Resterò un autore-interprete su disco”, e aggiunse, “ …e tu cosa fai adesso ?” Gli risposi che dovevo andar a fare il militare”. “ Belin..” concluse squadrandomi col suo sguardo distaccato, “ …diserta!”

3) Quale Poesia del Poema sei maggiormente legato ?

  • Naturalmente Maqroll è partito, dove nei versi parlo del funerale di Faber a Genova.
  • Ma anche la poesia Cinque minuti a mezzogiorno (che è l’ora in cui è morto Bukowski) dedicata appunto al poeta tedesco-americano che io amo tantissimo.

4) Quale testamento morale ci ha lasciato Fabrizio De Andre' ?

  • Faber ci ha lasciato l’insegnamento stirneriano ( Max Stirner) che propugna, difende, esalta i valori e i dettami dell’anarchismo individualista. Ci ha lasciato il senso della compassione, della condivisione, di un comune destino di apolidi fraterni (o che tali dovremmo essere). Ci ha lasciato la conferma che la poesia è ovunque, non solo sulla pagina scritta, ma anche in un verso cantato, come in un quadro, nel lavoro di un regista, di uno scultore. La poesia sta dove la percepisci. I veicoli sulla quale fa scorribande nella vita sono solo scocche. Ci ha lasciato un esempio di umiltà reale, profonda, tangibile. Ci ha lasciato l’amore per la Natura, gli animali. Per le nuvole che vanno e qualche volta si fermano….

5) Quale canzone d'autore di Faber ami in maniera incondizionata e speciale ?

  • Amo tutta l’opera di Fabrizio che, in senso laico, è una smisurata preghiera (scritta da un maudit, attenzione). Chi lo ama non può fare una sorta di play list o top ten. L’opera sua è un corpo unico, un romanzo sul pentagramma, la sinfonia degli ultimi.

(Mauro Macario)



Gianluigi Melucci Blogger  

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