LA LUNA DI KIEV : LA FAVOLA DI GIANNI RODARI


 


                                              LA  LUNA DI KIEV 


Un giorno, il 17 maggio 1956, arrivò all’Unità una lettera scritta da una bambina di Kiev: non era un fatto strano. Rodari già a metà degli anni Cinquanta era tradotto in Unione sovietica e il suo Cipollino presto sarebbe diventato un vero eroe nazionale per i bambini nati negli anni della Seconda guerra mondiale.

Rodari ogni tanto scriveva anche sulla Pravda e grazie ad alcuni viaggi che aveva fatto fra Mosca e Odessa, era entrato in contatto con l’associazione dei Pionieri, sorta di boy scout comunisti, diffusi anche in Italia nelle regioni del centro nord. I Pionieri si scrivevano e scrivevano ai giornali dei rispettivi paesi e così, in quel giorno del 1956, arrivò all’Unità la lettere di Jenia Zukerman di Kiev.

Jenia Zukerman chiedeva a Rodari: «Perché la luna brilla?». Rodari rispondeva così: «La luna, da sola, non farebbe più luce di un fiammifero spento: ma il sole la illumina e perciò noi vediamo il suo faccione bianco: come quando stiamo in una stanza oscura e, guardando dal buco della chiave, vediamo la parete della casa di fronte illuminata dal sole. Anche le trecce di Jenia (se le hai) non brillano di luce propria: ma, quando il sole le illumina sembrano d’oro». 


Chissà se la luna

di Kiev

è bella

come la luna di Roma,

chissà se è la stessa

o soltanto sua sorella...

– Ma son sempre quella! –

la luna protesta – non sono mica

un berretto da notte sulla tua testa!


Viaggiando quassú

fo’ luce a tutti quanti,

dalla Cina al Perú,

dall’Ucraina al Lazio,

e i miei raggi

non pagano dazio.


Rodari invitava Jenia a guardare la terra dalla prospettiva della luna. La terra vista dalla luna era un unico mondo senza divisioni, barriere, confini. Un pianeta solo, che cambiando punto di vista, arrivando fin sulla luna, era possibile cogliere nella sua fragile unicità. A differenza degli uomini, la democratica luna, non sceglieva chi illuminare, regalava la sua luce a tutti. 


Rodari credeva nelle possibilità e invitava grandi e piccoli a essere ottimisti cosmici, anzi spaziali! L’ottimismo della volontà, il pessimismo della ragione, come aveva scritto Antonio Gramsci. Così, con Leopardi, (e Gramsci), nel cuore Gianni Rodari aveva composto La luna di Kiev.


Qualche mese dopo l’Unione sovietica avrebbe invaso l’Ungheria, schiacciando con il peso dei carri armati, molte delle speranze che tanti comunisti europei avevano risposto verso l’Urss.

Oggi che La luna di Kiev è diventata virale, è inevitabile domandarsi se Jenia Zukerman ha mai potuto leggere la risposta di Gianni Rodari e se, avendola letta, se ne è ricordata da adulta, quando il mondo in cui è cresciuta ha cominciato a sgretolarsi e la guerra è tornata ad essere una possibilità concreta e terribile non solo fuori ma dentro quella che era stata l’Unione sovietica.

Chissà se è rimasta a vivere a Kiev, città senza luna, nelle notti passate nei rifugi, nella metropolitana? Se l’ha letta ai suoi nipoti, oggi bambini. O se, come molti ebrei (che Jenia fosse ebrea lo racconta il suo nome) se ne è andata dall’Unione sovietica trovando insopportabile l’antisemitismo che in modo carsico non ha smesso mai di manifestarsi nel paese dei soviet?

Così il Novecento con i suoi corsi e ricorsi storici irrompe nella vita di ognuno di noi facendoci guardare il mondo con occhi diversi e con un cuore sempre più dedito all'umana empatia fra la gente con la Speranza che non accadano più conflitti armati.

Pubblicato in edizione vintage " LA LUNA DI KIEV " qualche giorno fa sappiate che l'intero ricavato dell'acquisto della favola sarà devoluto interamente alla CROCE ROSSA ITALIANA per aiutare la popolazione ucraina colpita da quest' orrenda guerra.


GIANLUIGI  MELUCCI  BLOGGER  POTENTINO 


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