IL DIRITTO ALL'OBLIO SANCITO DALLA CORTE EUROPEA

 

 

                                                    IL  DIRITTO  ALL' OBLIO  SECONDO LA CORTE DI STRASBURGO

 



Corte di giustizia dell'Unione europea
COMUNICATO STAMPA n. 70/14
Lussemburgo, 13 maggio 2014
Sentenza nella causa C-131/12
Google Spain SL, Google Inc. / Agencia Española de Protección de Datos, Mario Costeja González
Il gestore di un motore di ricerca su Internet è responsabile del trattamento da esso effettuato dei dati personali che appaiono su pagine web pubblicate da terzi


 

Così, nel caso in cui, a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona, l'elenco di risultati mostra un link verso una pagina web che contiene informazioni sulla persona in questione, questa può rivolgersi direttamente al gestore oppure, qualora questi non dia seguito alla sua domanda, adire le autorità competenti per ottenere, in presenza di determinate condizioni, la soppressione di tale link dall'elenco di risultati
Una direttiva dell'Unione 1 mira a proteggere le libertà e i diritti fondamentali delle persone fisiche (segnatamente il diritto alla vita privata) in occasione del trattamento dei dati personali, eliminando al tempo stesso gli ostacoli alla libera circolazione di tali dati.
Nel 2010 il sig. Mario Costeja González, cittadino spagnolo, ha presentato all'Agencia Española de Protección de Datos (Agenzia spagnola di protezione dei dati, AEPD) un reclamo contro La Vanguardia Ediciones SL (editore di un quotidiano largamente diffuso in Spagna, specialmente nella regione della Catalogna), nonché contro Google Spain e Google Inc. Il sig. Costeja González faceva valere che, allorché il proprio nome veniva introdotto nel motore di ricerca del gruppo Google («Google Search»), l'elenco di risultati mostrava dei link verso due pagine del quotidiano di La Vanguardia, datate gennaio e marzo 1998. Tali pagine annunciavano una vendita all'asta di immobili organizzata a seguito di un pignoramento effettuato per la riscossione coattiva di crediti previdenziali nei confronti del sig. Costeja González.
Mediante detto reclamo, il sig. Costeja González chiedeva, da un lato, che fosse ordinato a La Vanguardia di sopprimere o modificare le pagine suddette (affinché i suoi dati personali non vi comparissero più) oppure di ricorrere a taluni strumenti forniti dai motori di ricerca per proteggere tali dati. Dall'altro lato, chiedeva che fosse ordinato a Google Spain o a Google Inc. di eliminare o di occultare i suoi dati personali, in modo che cessassero di comparire tra i risultati di ricerca e non figurassero più nei link di La Vanguardia. Il sig. Costeja González affermava in tale contesto che il pignoramento effettuato nei suoi confronti era stato interamente definito da svariati anni e che la menzione dello stesso era ormai priva di qualsiasi rilevanza.


L'AEPD ha respinto il reclamo diretto contro La Vanguardia, ritenendo che l'editore avesse legittimamente pubblicato le informazioni in questione. Per contro, il reclamo è stato accolto nei confronti di Google Spain e Google Inc. L'AEPD ha chiesto a queste due società di adottare le misure necessarie per rimuovere i dati dai loro indici e per rendere impossibile in futuro l'accesso ai dati stessi. Google Spain e Google Inc. hanno proposto due ricorsi dinanzi all'Audiencia Nacional (Spagna), chiedendo l'annullamento della decisione dell'AEPD. È in tale contesto che il giudice spagnolo ha sottoposto una serie di questioni alla Corte di giustizia.


Nella sua sentenza odierna, la Corte constata anzitutto che, esplorando Internet in modo automatizzato, costante e sistematico alla ricerca delle informazioni ivi pubblicate, il gestore di un motore di ricerca «raccoglie» dati ai sensi della direttiva. La Corte giudica inoltre che il gestore «estrae», «registra» e «organizza» tali dati nell'ambito dei suoi programmi di indicizzazione, prima
1 Direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (GU L 281, pag. 31).
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di «conservarli» nei suoi server e, eventualmente, di «comunicarli» e di «metterli a disposizione»
dei propri utenti sotto forma di elenchi di risultati. Tali operazioni, contemplate in maniera esplicita
e incondizionata dalla direttiva, devono essere qualificate come «trattamento», indipendentemente
dal fatto che il gestore del motore di ricerca applichi le medesime operazioni anche ad altri tipi di
informazioni diverse dai dati personali. La Corte ricorda inoltre che le operazioni contemplate dalla
direttiva devono essere considerate come un trattamento anche nell'ipotesi in cui riguardino
esclusivamente informazioni già pubblicate tali e quali nei media. Una deroga generale
all'applicazione della direttiva in un'ipotesi siffatta avrebbe come effetto di svuotare in larga parte
quest'ultima del suo significato.
La Corte reputa inoltre che il gestore del motore di ricerca sia il «responsabile» di tale trattamento,
ai sensi della direttiva, dato che è lui a determinarne le finalità e gli strumenti del trattamento
stesso. La Corte rileva in proposito che, nella misura in cui l'attività di un motore di ricerca si
aggiunge a quella degli editori di siti web e può incidere significativamente sui diritti fondamentali
alla vita privata e alla protezione dei dati personali, il gestore del motore di ricerca deve garantire,
nell'ambito delle sue responsabilità, delle sue competenze e delle sue possibilità, che detta attività
soddisfi le prescrizioni della direttiva. Soltanto in tal modo le garanzie previste dalla direttiva
potranno sviluppare pienamente i loro effetti e potrà essere effettivamente realizzata una tutela
efficace e completa delle persone interessate.
Quanto all'ambito di applicazione territoriale della direttiva, la Corte osserva che Google Spain
costituisce una filiale di Google Inc. nel territorio spagnolo e, pertanto, uno «stabilimento» ai sensi
della direttiva.

 

 La Corte respinge l'argomento secondo cui il trattamento di dati personali da parte
di Google Search non viene effettuato nel contesto delle attività di tale stabilimento in Spagna. La
Corte considera al riguardo che, quando dati siffatti vengono trattati per le esigenze di un motore di
ricerca gestito da un'impresa che, sebbene situata in uno Stato terzo, dispone di uno stabilimento
in uno Stato membro, il trattamento viene effettuato «nel contesto delle attività» di tale
stabilimento, ai sensi della direttiva, qualora quest'ultimo sia destinato ad assicurare, nello Stato
membro in questione, la promozione e la vendita degli spazi pubblicitari proposti sul motore di
ricerca al fine di rendere redditizio il servizio offerto da quest'ultimo.
Per quanto riguarda poi l'estensione della responsabilità del gestore del motore di ricerca, la Corte
constata che quest'ultimo è obbligato, in presenza di determinate condizioni, a sopprimere,
dall'elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una
persona, dei link verso pagine web pubblicate da terzi e contenenti informazioni relative a tale
persona. Tale obbligo può esistere anche nell'ipotesi in cui tale nome o tali informazioni non
vengano previamente o simultaneamente cancellati dalle suddette pagine web, e ciò
eventualmente anche quando la loro pubblicazione sulle pagine in questione sia di per sé lecita.
La Corte sottolinea in tale contesto che un trattamento di dati personali effettuato da un gestore
siffatto consente a qualsiasi utente di Internet, allorché effettua una ricerca a partire dal nome di
una persona fisica, di ottenere, mediante l'elenco di risultati, una visione complessiva strutturata
delle informazioni relative a questa persona su Internet. La Corte rileva inoltre che tali informazioni
toccano potenzialmente una moltitudine di aspetti della vita privata e che, in assenza del motore di
ricerca, esse non avrebbero potuto, o soltanto difficilmente avrebbero potuto, essere connesse tra
loro. Gli utenti di Internet possono così stabilire un profilo più o meno dettagliato delle persone
ricercate. Inoltre, l'effetto dell'ingerenza nei diritti della persona risulta moltiplicato in ragione del
ruolo importante che svolgono Internet e i motori di ricerca nella società moderna, i quali
conferiscono alle informazioni contenute negli elenchi di risultati carattere ubiquitario. Tenuto conto
della sua potenziale gravità, una simile ingerenza non può, secondo la Corte, essere giustificata
dal semplice interesse economico del gestore del motore di ricerca nel trattamento dei dati.
Tuttavia, poiché la soppressione di link dall'elenco di risultati potrebbe, a seconda
dell'informazione in questione, avere ripercussioni sul legittimo interesse degli utenti di Internet
potenzialmente interessati a avere accesso a quest'ultima, la Corte constata che occorre ricercare
un giusto equilibrio tra tale interesse e i diritti fondamentali della persona interessata, e
segnatamente il diritto al rispetto della vita privata e il diritto alla protezione dei dati personali.


Infine, interrogata sulla questione se la direttiva consenta alla persona interessata di chiedere che dei link verso pagine web siano cancellati da tale elenco di risultati per il fatto che detta persona desideri che le informazioni ivi figuranti relative alla sua persona siano oggetto di «oblio» dopo un certo tempo, la Corte rileva che, qualora si constati, in seguito a una richiesta della persona interessata, che l'inclusione di tali link nell'elenco è, allo stato attuale, incompatibile con la direttiva, le informazioni e i link figuranti in tale elenco devono essere cancellati. La Corte osserva al riguardo che anche un trattamento inizialmente lecito di dati esatti può divenire, con il tempo, incompatibile con la direttiva suddetta nel caso in cui, tenuto conto dell'insieme delle circostanze caratterizzanti il caso di specie, tali dati risultino inadeguati, non pertinenti o non più pertinenti ovvero eccessivi in rapporto alle finalità per le quali sono stati trattati e al tempo trascorso. La Corte aggiunge che, nel valutare una domanda di questo tipo proposta dalla persona interessata contro il trattamento realizzato dal gestore di un motore di ricerca, occorre verificare in particolare se l'interessato abbia diritto a che le informazioni in questione riguardanti la sua persona non vengano più, allo stato attuale, collegate al suo nome da un elenco di risultati che appare a seguito di una ricerca effettuata a partire dal suo nome. Qualora si verifichi un'ipotesi siffatta, i link verso pagine web contenenti tali informazioni devono essere cancellati da tale elenco di risultati, a meno che sussistano ragioni particolari, come il ruolo ricoperto da tale persona nella vita pubblica, giustificanti un interesse preminente del pubblico ad avere accesso, nell'ambito di una ricerca siffatta, a dette informazioni.
La Corte precisa che la persona interessata può rivolgere domande siffatte direttamente al gestore del motore di ricerca, che deve in tal caso procedere al debito esame della loro fondatezza. Qualora il responsabile del trattamento non dia seguito a tali domande, la persona interessata può adire l'autorità di controllo o l'autorità giudiziaria affinché queste effettuino le verifiche necessarie e ordinino a detto responsabile l'adozione di misure precise conseguenti.

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