EFFICIENZA ECONOMICA E PRODUTTIVA

                                                                EFFICIENZA ECONOMICA  PRODUTTIVA 


In genere, come vedremo, è possibile usare i prezzi di mercato come ‘misura’ dell’utilità/della

rilevanza di ogni input o output da includere nella misura di efficienza. Tuttavia è possibile che

qualche input o output rilevante venga escluso perché non si hanno informazioni sulle loro quantità

o perché non esistono i prezzi o se esistono non rispecchiano l’importanza del bene/input, o perché

non sono osservabili (o non si considerino dei vincoli importante). In tal caso il rischio è di

verificare la presenza di inefficienze quando in realtà non ve ne sono (o perché sono dovute, ad

esempio, ai vincoli esistenti o perché le informazioni non rilevanzo dei sussidi… (Stigler, 1976).

(es: i prodotti collaterali es: scorie, inquinamento di qualche produzione. I servizi statali/sussidi).

Teoricamente, in un contesto concorrenziale con piena informazione non si dovrebbero creare

inefficienze.


Efficienza produttiva è un concetto in un certo senso più pratico, legato alla modalità di produzione
dell’impresa. Si parla di impresa più o meno produttiva e di impresa più o meno efficiente.
Cosa si intende?


Produttività di un’impresa (di un’unità produttiva, di uno stabilimento) è il rapporto tra output e
input. Se vi sono più input e più output, la produttività è data dal rapporto tra output aggregati e
input aggregati.


La produttività varia in base alla tecnologia usata, all’efficienza del processo produttivo e al
contesto in cui avviene la produzione.



Consideriamo l’efficienza del processo produttivo.
E’ definita dal rapporto tra il valore ottimale e il valore osservato e di output e input :
- rapporto tra input minimi e input osservati richiesti per produrre un dato output.
- rapporto tra output osservato e output potenziale max ottenibile dati gli input
In questo caso l’efficienza che si rileva è efficienza tecnica.
L’efficienza è invece definita economica se confrontiamo il risultato osservato e il valore ottimo.

Dimensione tecnica: capacità di evitare sprechi producendo tanto output quanto permesso dagli
input o usare la minima quantità di input che consenta la produzione.
Dimensione allocativa si riferisce invece alla capacità di combinare input e output in proporzioni
ottime alla luce dei prezzi vigenti.



Definizione (Koopmans (1951)) di efficienza tecnica:
Una produzione è efficiente tecnicamente se l’aumento in uno degli output richiede una
riduzione di almeno un altro output o l’aumento di almeno un input. Quindi un produttore è
inefficiente se potrebbe produrre la stessa quantità di output utilizzando almeno un input in minor
quantità o se potrebbe usare la stessa quantità di input per produrre almeno un output in quantità maggiore.

Ad esempio, la teoria ci dice che in un contesto concorrenziale la sopravvivenza
delle imprese dipende dall’efficienza produttiva e che il ruolo dell’eff produttiva
diminuisce via via che la concorrenza diminuisce.


Hicks (1935) esprime bene questo concetto: “producers possessing market
power are likely “…to exploit their advantage much more by not bothering to
get very near the position of maximum profits, then by straining themselves to
get very close to it. The best of all monopoly profits is a quite life”
Alchian e Kessel (1962) hanno quindi proposto di sostituire l’hp restrittiva di max
profitto con una ipotesi di max utilità a cui dovrebbero essere ugualmente
interessati monopolisti e i produttori in concorrenza.


La differenza nell’efficienza
osservata è quindi spiegata dalla scelta del prodotto (osservabile) per i concorrenti
mentre i monopolisti scelgono più tempo libero (slack) (non osservato). Alchian e
Kessel offrono una spiegazione alternativa alla minore efficienza del monopolista. I
monopoli sono regolamentati e quindi vincolati nel perseguimento dell’efficienza o
sono non regolamentati ma minacciati dalla regolamentazione e quindi comunque
vincolati. Quindi i monopoli potrebbero essere in grado di essere più produttivi ma
scelgono l’inefficienza perché regolamentati (o il diritto di proprietà sul profitto lo
riduce)
Quindi la concorrenza aumenta l’efficienza o perché forza l’unità produttiva a concentrarsi su
attività che generano profitti ‘osservabili’ a spese della ‘quite life’ o perché libera i produttori
da vincoli effettivi o potenziali.

Nelle imprese reali i contratti che definiscono le relazioni di lavoro sono inevitabilmente
incompleti. Ne risulta che i lavoratori hanno una certa discrezione (arbitrio) sul modo con cui
svolgono il proprio lavoro il livello di sforzo è discrezionale
Lo sforzo è discrezionale e difficile da monitorare. Inoltre lo sforzo è determinato anche dal gruppo
in cui gli individui si trovano e dall’ambiente in cui lavorano.
Siccome la supervisione è imperfetta, i supervisori godono a loro volta di una certa discrezione
nello svolgimento del loro lavoro, e siccome il lavoro implica disutilità, i dipendenti non
svolgeranno il loro lavoro con la massima efficienza – quindi non minimizzeranno i costi. Le
operazioni dell’impresa quindi saranno, in una certa misura, inefficienti.


Da questa ipotesi di L. nascerà, negli anni ottanta la teoria dei salari di efficienza. Si
tratta di modelli accumunati dalla considerazione che lo sforzo dei lavoratori è
discrezionale e non perfettamente monitorabile dall’impresa. Il questi modelli il
meccanismo che induce il maggior sforzo è ricercato dalle imprese nel livello del
salario; tipicamente si giungerà a fissare un livello di salario maggiore di quello
concorrenziale, ciò indurrà un maggiore sforzo che determinerà maggiore produttività e
ricompenserà le imprese del maggiore costo.


Modelli più complessi massimizzano il profitto sotto il vincolo che la funzione di utilità del
lavoratore non sia minore di un livello minimo prefissato. Questa impostazione, se va nella
direzione di tenere in considerazione gli obiettivi dei diversi soggetti che compongono l’impresa,
non risolve comunque il problema della discrezionalità dello sforzo perché i contratti di lavoro
rimangono incompleti ( da cui problema degli incentivi e della delega).


Gianluigi Melucci Blogger 

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