Il Surrealismo, definendosi come un atteggiamento dello spirito
verso la realtà e la vita, più che un insieme di regole formali ed estetiche, non ha prodotto un unico linguaggio
espressivo, bensì ha permesso ad ogni artista del movimento di sviluppare un proprio stile.
In generale,però, sono due le direzioni stilistiche che sembrano delinearsi: una più figurativa, in cui l’immagine,
dall’aspetto insolito, e lo spazio in cui essa è immersa, derivano da una realtà ipnotica, a diretto contatto
con il mondo delle apparenze; l’altra – che può anche coesistere in uno stesso autore – più evocativa, in cui
l’immagine, sempre dall’apparenza insolita, nasce inconsapevolmente dal lavoro che l’artista intraprende
su una forma o su una materia, divenendo così un’analogia di una proiezione fantasmagorica.
Al primo gruppo,quello “figurativo”, appartiene in primo luogo il metafisico Giorgio de Chirico, con le sue memorie malinconiche
e misteriose dell’antico; Salvador Dalì, con le sue allucinazioni “paranoiche”, dove le figure quasi
liquide sorprendono per il virtuoso illusionismo; René Magritte, che induce a riflettere, tramite gli
accostamenti
insoliti di oggetti riprodotti realisticamente, sull’irrealtà dell’apparenza; Hans Bellmer, famoso per
le sue bambole a grandezza naturale dalle pose non convenzionali e per le tematiche erotiche; e, infine,
la pittrice argentina di origine italiana Leonor Fini, con le sue figure leggere e minute dalla delicata eleganza.
Nel secondo gruppo, quello più “evocativo” e in un certo senso più sperimentale, troviamo, invece,
Marx Ernst, il ricercatore instancabile di tecniche sempre nuove atte a stimolare la sua capacità inventivoimmaginativa;
il cubano Wifredo Lam, che fa rivivere nella sua figurazione arcaizzante, ma in un’atmosfera
fantastica e surreale, i miti e le tradizioni della propria terra caraibica; Henri Masson, che utilizza un tipo
di scrittura automatica immediata, veloce e convulsa, e che rasenta quasi l’astrazione; il cileno Sebastian
Matta, che rappresenta forme organiche, ma in alcuni casi anche esplicitamente antropomorfiche, immerse
in uno spazio multidimensionale e senza tempo, pervaso da una frenesia meccanica, quasi elettrica; ed
infine Joan Miró – «il più surrealista di noi tutti», come lo definì Breton – che specialmente nella sua opera
grafica matura, crea con estrema libertà le sue favole incantevoli e gioiose, dove la linea flessuosa sembra
danzare serenamente tra i colori puri e accesi.
GIANLUIGI MELUCCI BLOGGER
Il DOPPIO VOLTO 🤗🤗
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