LE CHIESE SCONSACRATE : QUALE USO FARNE ?


 


L’alienazione dei beni ecclesiastici è regolamentata per legge e richiede due condizioni:

  • l’atto deve essere posto in essere dal legale rappresentante dell’ente secondo quanto risulta dallo statuto dello stesso e dalle norme canoniche;
  • devono essere presentate le necessarie autorizzazioni (licenze canoniche).

Il primo requisito può essere verificato nello statuto dell’ente e viene riportato anche nel Registro delle Persone Giuridiche, a prescindere dalla procedura che tali persone giuridiche hanno seguito per il riconoscimento.

Per quanto riguarda le autorizzazioni si distingue tra:

  • Beni non storico artistici o non ex voto;
  • Beni storico artistici o ex voto;
  • Beni dell’Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero.

I beni della prima tipologia, se di valore inferiore a 250.000€, necessitano la semplice licenza dell’ordinario (Vescovo) diocesano (o del superiore se istituti non dipendenti dalla diocesi).

Per i beni di valore compreso tra 250.000€ e 1.000.000 occorre la licenza dell’ordinario diocesano col consenso del Consiglio degli Affari Economici (CAE) e del Collegio dei Consultori (CC), se proprietari sono istituti non dipendenti dalla diocesi la licenza del superiore è integrata dal consenso degli organi statuari.

I beni della prima e seconda tipologia, di valore superiore a 1.000.000€, richiedono oltre alla licenza del Vescovo anche quella della Santa Sede. I beni della terza tipologia, se eccedono il valore di 1.000.000€ prevedono il diritto di prelazione da esercitarsi nel termine di sei mesi a favore di, nell’ordine: Stato, Comune, Università, Regione e Provincia. Per poter esercitare il diritto di prelazione, l’atto deve essere notificato a pena di nullità alla Prefettura territorialmente competente.

Dove si trovano annunci di chiese in vendita?

Nel nostro Paese abbondano le chiese sconsacrate e i casi di riconversione degli immobili della chiesa sono sempre più frequenti. Sono molti gli annunci che si trovano consultando le banche dati di agenzie specializzate, che mettono in vendita al miglior acquirente ex monasteri o ex convitti (magari con campanili inclusi). La ricerca di chiese in vendita, dunque, passa per le agenzie immobiliari, che spesso richiedono provvigioni piuttosto elevate per trattare immobili della chiesa. Questi immobili sembrerebbero dunque poco accessibili a chi non possiede un ingente capitale. In realtà, cercando bene è possibile risparmiare notevolmente per investire in immobili di questo tipo.

Chiese in vendita all’asta, l’occasione giusta per fare affari

Le migliori occasioni arrivano quando meno te lo aspetti. Ma anche conoscere i giusti canali dove acquistare è importante. Chi cerca chiese sconsacrate a prezzi interessanti può affidarsi alle aste immobiliari. Qui i prezzi proposti sono inferiori rispetto a quelli di mercato, garantendo un risparmio non da poco. Gli acquirenti potranno dunque, con una piccola somma, acquistare una chiesa in vendita e convertirla in una location perfetta per cerimonie, meeting aziendali o altri eventi. Le procedure nel caso di aste immobiliari sono regolamentate dalla legge, pertanto chi acquista può contare sulla massima trasparenza e sicurezza.

Monasteri in vendita all’asta online

Chi cerca un monastero in vendita può anche partecipare a un’asta telematica. Senza doversi recare di persona presso il luogo di svolgimento della vendita, infatti, potrà presentare un’offerta e rilanciarla. Basta registrarsi a un portale specializzato in aste immobiliari che gestiscono anche immobili della chiesa, e il gioco è fatto. Si potrà presentare un’offerta in qualunque momento, inserendola direttamente tramite l’interfaccia del sito.

Le aste telematiche offrono anche la possibilità di consultare in qualunque momento le informazioni sugli immobili, le foto allegate e le perizie di ciascun lotto. Così da farsi un’idea precisa sullo stato attuale in cui si trovano le diverse chiese in vendita, ed evitare il rischio di acquistare un immobile fatiscente. Anche per i beni acquistati all’asta è possibile concordare una visita di persona prima di fare un’offerta. Basta contattare il referente incaricato della vendita e fissare un appuntamento.

 

Uno dei grandi maestri dell’Arte Povera, Jannis Kounellis, diceva in maniera ironica: “Sono laico e di chiesa”.

 Gli capitò spesso di lavorare per committenze religiose, ad esempio a Bergamo, a Milano e Reggio Emilia. Accettava tali prove come delle sfide su cui buttarsi con franchezza, impegno, libertà, fervore. All’ex Oratorio di San Lupo, a Bergamo, chiesa dalle suggestioni teatrali, Kounellis nel 2009 realizzò un’installazione con cappotti, cappelli e scarpe distesi a occupare l’intero pavimento, sotto il quale un tempo venivano sepolti i defunti, all’ombra di una croce contemporanea in ferro incombente sul tutto. Una sorta di rievocazione di un cimitero particolare, di grande potenza comunicativa. 

Secondo l’artista la religione non deve essere solo spirituale, ma la devi “poter toccare” e la contemporaneità può esercitare un proprio ruolo. 

Nei tagli di Fontana, diceva, si può anche leggere una metafora delle ferite nel costato di Cristo.

 Affermava che ogni individuo deve avere il proprio rapporto con la fede e che “c’è un Cristo per ogni artista e un artista per ogni Cristo”.

La banca dati dei “Beni culturali ecclesiastici in web” ‒beweb.chiesacattolica.it ‒, censimento sistematico del patrimonio storico e artistico, architettonico, archivistico e librario portato avanti dalle diocesi italiane e dagli istituti culturali ecclesiastici sui beni di loro proprietà, ha catalogato più di 65mila edifici di culto in Italia.

 Tuttavia non sono tutte le chiese del Paese, ma quelle di proprietà di 219 diocesi; sono esclusi gli ordini religiosi, le chiese del Fondo Edifici di Culto, ecc. Si stima un totale effettivo superiore alle 100mila unità. Stima ancora più difficile, quella che mira a valutare la condizione di tutti gli edifici.


Il riuso dei beni ecclesiastici abbandonati è un processo in costante crescita negli ultimi anni, non solo in Italia.

 In Germania dal 2000 sono state chiuse più di 500 chiese cattoliche; un terzo di queste è stato demolito, due terzi sono stati venduti o destinati ad altri scopi.

 Nel frattempo, più di 500 chiese chiuderanno in Olanda nel prossimo decennio. In Italia negli ultimi anni sembrano essere state almeno 700/800 le chiese che hanno dovuto ripensare il proprio ruolo.

 Molti di questi edifici si trovano in borghi abbandonati.

 Quel che è certo è che l’edificio chiesa è un elemento chiave del paesaggio del Paese, delle infrastrutture e degli spazi pubblici, sia a livello provinciale che, su un diverso livello, nei grandi centri.

 La Conferenza Episcopale Italiana ci sta dedicando studi, conferenze e ha cercato di dettare delle linee guida.

 Il mutamento della situazione demografica e sociale e della pratica religiosa, negli ultimi decenni, ha reso eccessivo in alcuni luoghi il numero delle chiese, con la conseguente necessità di una diversa destinazione d’uso.

 

 

 

La cura del patrimonio culturale religioso è responsabilità principalmente di tutta la comunità e in particolare di quella ecclesiale, per le quali questo patrimonio ha importanza, a livello locale o globale .

 Ogni decisione sul patrimonio culturale deve essere inserita in una visione territoriale complessiva delle dinamiche sociali (flussi demografici, politiche culturali, mercato del lavoro, attenzione alla sostenibilità ambientale e paesaggistica ecc.), delle strategie pastorali e delle emergenze conservative in accordo con le norme internazionali e nazionali relative al patrimonio culturale”. 

Ma anche: “Sono certamente da preferirsi adattamenti con finalità culturali (musei, aule per conferenze, librerie, biblioteche, archivi, laboratori artistici ecc.) o sociali (luoghi di incontro, centri Caritas, ambulatori, mense per i poveri e altro). 

Per le costruzioni più modeste e prive di valore architettonico si può anche ammettere la trasformazione in abitazioni private”.


Un piano sulle chiese in disuso sarà in ogni caso un grande tema a cui far fronte nei prossimi anni, quando si parlerà di architettura, di arte contemporanea e di politiche culturali nel nostro Paese, in un’ottica auspicabile di ecosistema attivo e consapevole.

 

 

GIANLUIGI MELUCCI BLOGGER POTENTINO

 

 


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